Ute Lemper war mit einer Hommage an Marlene Dietrich in der Reihe „Theaterstübchen geht fremd“ im Kasseler Opernhaus zu Gast. 

Ute Lemper bekam als junge Schauspielerin einen Anruf von Hollywood-Ikone Marlene Dietrich – davon handelte ihr Programm in Kassel.

Wäre es nach Marlene Dietrich gegangen, dann hätte das Publikum im vollbesetzten Kasseler Opernhaus am Donnerstag nur ein Lied zu hören bekommen: Denn als der Star bei der Unicef Gala 1962 in Düsseldorf auftrat und das Programm mit „Sag mir, wo die Blumen sind“, eröffnete, war es zugleich ihr letzter Song des Abends. Nach diesem Lied, so die Dietrich, sei keines mehr gut genug.

Ute Lemper setzte das emotionale und politische Stück an den Anfang ihre Hommage an die Hollywood-Ikone. Doch danach ging es weiter – zur großen Freude des von Beginn an begeisterten Publikums, das fasziniert dem Gesang und der Geschichte von ihrem „Rendezvous with Marlene“ lauschte.

Dabei kroch Ute Lemper, die aus Münster stammt und selbst zum Musicalstar in Hollywood wurde, förmlich in die Haut der Dietrich – Schiefstellung der Mundwinkel beim Gesang inklusive. Sie erzählte von dem dreistündigen Anruf, den sie als junge Schauspielerin 1988 von der Legende, die damals 84 Jahre alt war und zurückgezogen in Paris lebte, erhielt. Marlene Dietrich hatte ihre junge Kollegin ausfindig gemacht und angerufen, um sich für ihre Post zu bedanken. Dann erzählte sie Lemper von ihrem Leben: Ihrer Ehe, ihren vielen Affären, ihrer Arbeit und ihrem Stil, ihrer Leidenschaft für Rilke, Edith Piaf und Burt Bacharach – und für Alkohol. Ihrer großen Liebe zum französischen Filmschauspieler Jean Gabin, ihrem komplizierten Verhältnis zu Deutschland. Man brauche nicht viel Hirn, um ein Anti-Nazi zu sein, hat die politische Marlene gesagt. Lemper wiederholt das Zitat mehrfach.

Dietrich tauschte Hitler-Deutschland gegen Hollywood. Es ging auch um ihre zerrütte Beziehung zur Tochter, ihre Trauer und Einsamkeit. Ein umfassendes, fast zärtliches Bild zeichnet Ute Lemper von dem Weltstar des deutschen Films („Der blaue Engel“), für den es keine Tabus gab. Und sie leiht ihr ihre Stimme, die sie tiefer und rauer klingen lässt, um der Ikone in der Zeitreise noch näher zu kommen.

Ihre Brillanz, Gefühl und Ausdrucksstärke sind groß – ab und an lässt die 55-Jährige auch erkennen, was für eine exzellente Jazz-Sängerin sie ist. Denn sie imitiert nicht ganz und gar. Ute Lemper, selbst eine selbstbewusste Frau und ein freier Geist, singt beeindruckend vielgestaltig und mit viel Gefühl für den richtigen Tonfall zu Atmosphäre und und Musik.

Zu den Liedern – von „Just A Gigolo“ über „Frage nicht, warum ich gehe“, „Lili Marleen“ bis „Ich bin von Kopf bis Fuß auf Liebe eingestellt“, dosiert sie ihre Mittel. Sie weiß genau, wann sie die Stola fest und doch sinnlich an sich drückt, sich im großen Sessel zurücklehnt oder den Blick auf ihre endlos langen Beine unter dem eleganten Abendkleid freigibt. Sie ist stets präsent auf der Bühne, begleitet vom exzellenten bis bravourösem Bandspiel.

Mehr ein Monolog als ein Dialog sei das Telefonat gewesen, „Marlene wollte erzählen“. Und Lemper erzählt nun über die mutige Dietrich.

Am Ende des umjubelten Abends will man unbedingt noch mehr wissen – über beide Frauen. Doch: Mit dem Song, nach dem für Lemper kein Lied mehr gut genug ist, endet das Programm: „What The World Needs Now Is Love“.

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L’omaggio della cantante tedesca alla grande diva del cinema E quella telefonata con lei…

Corriere Romagna
03/02/2019

di Claudia Rocchi

CESENA. Come il pubblico ha i suoi idoli, altrettanto gli artisti hanno i propri riferimenti, più o meo dichiarati. Per la tedesca Ute Lemper da Münster, grande voce e interprete, Marlene Dietrich (1901-1992) è artisticamente l’angelo azzurro più fulgido, una icona che ha scandito indirettamente anche la sua crescita d’artista. Per 35 anni Ute è stata raffrontata a Marlene. Ora ha deciso di ricambiarla dedicandole lo spettacolo “Rendezvous with Marlene” (Appuntamento con Marlene) che ha debuttato nel 2018 e che stasera arriva al teatro Bonci di Cesena alle 21, all’inizio di un lungo tour in cui l’artista salirà sul palco di molti teatri europei. Al Bonci l’accompagna un quartetto con pianoforte, violino, contrabbasso e percussioni.

La telefonata di Marlene
Lo spettacolo è nato come conseguenza di un anniversario particolare. Quello di una telefonata avvenuta nel 1988, trent’anni prima, fra la giovane artista Ute Lemper e una icona di cinema e teatro irripetibile come Marlene che il cinema trasformò ne “l’angelo azzurro”. Una telefonata intima, personale, capitata quando entrambe vivevano a Parigi. Un ricordo privatissimo che, trent’anni dopo, Ute ormai artista solida e navigata (è nata nel 1963), ha sentito maturo per essere reso pubblico sul palcoscenico, attraverso la forma artistica di canto, voce, racconto, pronto a essere trasformato in un tributo alla grande artista che, forse inconsapevolmente, le era sempre stata accanto.

L’appuntamento
La telefonata è diventata il pretesto di un concerto spettacolo pensato come dialogo tra Ute e Marlene, alla scoperta della carriera ma anche della vita privata di Dietrich, lungo una linea del tempo che dà continuità a due storie parallele. In “Rendezvous with Marlene” Ute interpreta canzoni fra le più belle e famose di Marlene, le accompagna raccontando aneddoti e “segreti” accattivanti della sua vita. La scaletta prevede quasi una ventina di brani di autori vari, pezzi come “Where have all the flowers gone”, “One for my baby”, “Lola” di Friedrich Hollaender fra gli autori più presenti, la celebre “Lili Marleen”, “Ruins of Berlin” e “Black market”, “Falling in love again”, ma anche pezzi di Prévert “Dejeuner du matin”, di Brel “Ne me quitte pas”, Cole Porter “Laziest gal in town” fino “Blowin’ in thewind” di Bob Dylan.

Il pensiero di Ute
«È il mio personale omaggio alla grande “signora” – ha dichiarato Ute Lemper –. È la storia che desidero raccontare di lei, quella che voglio che la gente ascolti. Ho scritto quest’opera passando dai ricordi, da “chicche” preziose, da molte ricerche, aggiungendo anche un pizzico di immaginazione. Esistono molti ritratti di Marlene, ma questo viene dal mio cuore. La sua vita, le sue canzoni, attraversano la mia voce. Non è una imitazione di lei, è il mio riflesso su di lei, la mia proiezione».

La genesi
La protagonista ha ammesso di non avere registrato quella telefonata, oggi la conserva tutta soltanto nella sua memoria «nel mio cuore e nella mia coscienza». Già in ascesa all’epoca di quell’incontro, Ute Lemper nei trent’anni successivi ha lasciato un segno nei teatri, nel cinema, nei concerti, ha registrato più di 30 cd. Elogiata come protagonista di opere musicali di Kurt Weill e Berthold Brecht, delle Chansons di Marlene Dietrich, Edith Piaf, Jacques Brel, Léo Ferré, Jacques Prevert, Nino Rota, Astor Piazzolla. Ha pure composto a sua volta, lavorato a Broadway, Parigi, Berlino, Londra. Ma di quella telefonata, nulla. «Rimase nel cassetto dei ricordi per molto tempo. Mi sentivo onorata di essere considerata come Marlene Dietrich, ma sapevo di non essere come lei. Sono cresciuta con la musica degli anni ’70, Pink Floyd e Beatles. Tedesca come Marlene, con un rapporto complicato con il mio paese, rabbia e orrore per la Germania nazista e per l’Olocausto, me n’ero andata, avevo sposato un ebreo di New York».

Info: 0547 355959

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Ute Lemper con “Rendezvous with Marlene”, omaggio a Marlene Dietrich, al Teatro Bonci di Cesena, entusiasma pubblico e critica.

Musicultura online
di Roberta Rocchetti
6 febbraio 2019

Trova le differenze. Questo potrebbe essere il sottotitolo del nuovo spettacolo di Ute Lemper il cui vero titolo èRendezvous with Marlene.
La cantante e attrice tedesca che la sera di domenica 3 febbraio ha messo in scena il suo nuovo spettacolo sul palcoscenico del Teatro Bonci di Cesena ha le stesse origini di Marlene, ha scelto per vivere la stessa terra d’elezione, possiede lo stesso fisico flessuoso ed androgino, le stesse doti artistiche, una voce calda, suadente, graffiante all’occorrenza, voce che spinse Nick Cave e Philip Glass a scrivere brani per lei, una spiccata capacità interpretativa ed attoriale di cui ha dato prova nei 30 anni di una carriera sempre accesa.
Questa nuova produzione vede la performer omaggiare Marlene entrando nei suoi panni, partendo da una telefonata che intercorse tra le due nel 1988, conseguente ad un premio ricevuto da Ute e che mise in luce oltre alle sue doti artistiche, le somiglianze tra le due donne, che i media non mancarono di evidenziare. Somiglianze inesorabili, tanto che nel 1992 Ute interpretò in teatro Lola, personaggio che rese celebre Marlene nel 1928, spettacolo al quale quest’ultima non poté purtroppo assistere, in quanto morì 6 giorni prima della première berlinese.
Ute canta le sue canzoni e affronta un monologo in cui Marlene stessa racconta la propria vita, dagli esordi in Germania, appunto con il film L’Angelo Azzurro, nazione dalla quale scappò per allontanarsi quanto più possibile dal regime nazista, ai successi americani, al sostegno alle truppe che combatterono per la liberazione della Germania dal nazismo, al suo amore per gli uomini tra cui Jean Gabin, per le donne tra cui Edith Piaf, per l’alcool, per la vita, forse anche per la morte.
Accompagnata da quattro musicisti, Vana Gierig al pianoforte, Cyril Garac al violino, Romain Lecuyer al contrabbasso e Matthias Danek alle percussioni Ute/Marlene scorre la sua vita sulle note di Blowin’ in the wind , di Bob Dylan, per passare a Just a gigolò di Luis Prima e alla celeberrima Lili Marleen, brano che rese la sua voce immortale e riconoscibile in tutto il mondo.
Disincantata, seduta in una poltrona e circondata da bottiglie vuote Ute fa emergere tutta la malinconia dei ricordi in Que reste – T- il De Nous Amours di Charles Trenet, lo stesso disincanto, se possibile anche più freddo e compostamente disperato che emerge da Ne me quitte pas di Jacques Brel.
Intonando Wenn ich mir was wünschen dürfte Lemper abbassa il tono di voce, il volume, restringe le strofe, quasi temesse che qualcosa possa svegliarsi nell’animo o dall’animo di Marlene, qualcosa che Ute sembra preferire continui a dormire.
Agli applausi entusiasti del pubblico il quintetto risponde con un bellissimo bis tratto dal genio di Burt Bacharach, grande amico di Marlene: What the world needs now is love, questo cantato invece a piena voce.
Trova le differenze, dicevamo.
Forse ne abbiamo trovata una nel rapporto sicuramente meno conflittuale che lega Ute agli Stati Uniti, dove con la sua famiglia si è trasferita nel 1998, il modo in cui canta, in cui a volte si muove, in cui intona gli scat legati al jazz, parlano di una adesione senza barriere alla cultura americana, di un passaggio dalla Germania agli Usa senza quel profondissimo conflitto interiore di amore – odio verso il proprio paese d’origine che contraddistinse la Dietrich.
Angoscia figlia di un paese che rifiutò, dal quale venne in parte per un certo periodo rifiutata, la Dietrich gridò per contrasto sempre silenziosamente il suo essere nonostante tutto profondamente tedesca, in ogni nota emessa, in ogni gesto. L’essere rimasta totalmente europea fino alla fine si nota persino nel suo (finto) dialogo con David Bowie nella sua ultima apparizione nel film Gigolò.
Da morta è voluta tornare in Germania, sepolta vicino alla mamma, perché diceva: “Vicino alla mamma niente di brutto ti può accadere”.
Ute è invece una donna felicemente cosmopolita, corre sulle lingue e sugli stili senza tormenti, senza dicotomie, senza ombre, ed ha assorbito molto di ciò che questi ultimi 20 anni a New York le hanno trasmesso, per sua fortuna figlia di un’altra epoca.

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La Repubblica
DI GIUSEPPE VIDETTI
25 GENNAIO 2019

La cantante tedesca torna sul palco in Italia con “Songs for eternity”, spettacolo dedicato alle vittime della Shoah, e “Rendez-vous with Marlene”: un omaggio alla diva dell’Angelo Azzurro, in cui ripropone le canzoni più celebri del suo repertorio

Cominciarono a chiamarla “la nuova Marlene” quando aveva poco più di vent’anni e a Parigi era Sally Bowles nel musical Cabaret diretto da Jérôme Savary. Qualche anno dopo, quando la scritturarono per L’angelo azzurro a Berlino, il paragone con la diva della repubblica di Weimar diventò non solo inevitabile ma anche imbarazzante per la giovane Ute Lemper. “Marlene era Marlene, quando cantava le canzoni tristi tra le due guerre ma anche quando,…

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